Paura, stress, incertezza e difficoltà socio-economiche rappresentano le nuove sfide legate alla pandemia COVID-19. Per alcuni, la presenza di un virus sconosciuto ha determinato nuovi traumi, mentre per altri, ha esacerbato alcuni fattori di rischio esistenti come l’abuso e la violenza fisica.
L’introduzione delle misure restrittive come il lockdown ed il distanziamento fisico hanno generato un profondo senso di solitudine e angoscia, mentre circostanze come la disoccupazione e l’assenza di strutture scolastiche sono divenuti fattori di rischio psicologico che hanno colpito i più giovani e le loro famiglie.
Uno studio americano
Nel giugno del 2020, uno studio di ricerca nazionale condotto dal Centers for Disease Control and Prevention ha valutato la salute mentale, l’abuso di sostanze e l’ideazione suicidarie verificatesi durante la pandemia. I risultati hanno generato le seguenti statistiche:
- circa il 41% degli intervistati ha riportato sintomi relativi ad una condizione di salute mentale o alterazione del comportamento;
- il 30,9% dei soggetti ha sviluppato un disturbo d’ansia o depressivo;
- il 26% riferiva sintomi di stress post-traumatico legato alla pandemia;
- infine, il 14% ha riportato un aumento dell’abuso di sostanze come comportamento atto a fronteggiare lo stress da pandemia.
Inoltre, oltre un quarto degli adolescenti che hanno partecipato al sondaggio ha affermato di aver seriamente pensato al suicidio negli ultimi 30 giorni. Questa percentuale era significativamente più alta rispetto a gruppi di altre età.
Effetti a lungo termine dello stress traumatico
Le esperienze traumatiche legate alla pandemia possono determinare a livello neurologico una maggiore attivazione di quelle aree del cervello che si occupano di rilevare eventuali minacce nell’ambiente circostante. In una situazione come quella attuale, queste aree del cervello possono divenire iperattive facendo sì che l’individuo sviluppi un atteggiamento ipervigilante.
Questo aspetto può essere anche rilevato nei bambini. In tal senso, un atteggiamento ipervigile lede il senso di sicurezza dei più piccoli e aumenta la loro vulnerabilità a sviluppare un disturbo di salute mentale come ansia e depressione.
Nel caso dei più piccoli la situazione è anche più complessa, in quanto essendo il loro cervello non completamente sviluppato come quello di un adulto, possono avere una percezione distorta o aumentata del pericolo, rendendo loro più difficile distinguere le situazioni sicure da quelle non sicure.
Lo stress traumatico da pandemia
Tra le situazioni che possono innescare uno stress traumatico durante la pandemia possono esserci:
- i bambini con storie di traumi, così come quelli che stanno sperimentando livelli elevati di stress, potrebbero manifestare problemi di attenzione e concentrazione. A questo possono aggiungersi difficoltà nel regolare le proprie emozioni e comportamenti;
- i bambini possono subire una separazione traumatica quando vengono allontanati dalle cure di un genitore o di un altro familiare stretto a causa del ricovero legato al COVID-19;
- le famiglie che hanno subito la perdita di una persona cara che è morta da sola in ospedale e che non hanno potuto celebrare il funerale in un modo tradizionale possono avere difficoltà ad elaborare il lutto, con annesso dolore e senso di colpa;
- le famiglie poste in quarantena per un periodo di tempo prolungato possono essere maggiormente a rischio di vivere situazioni domestiche altamente conflittuali come causa dell’isolamento sociale, difficoltà finanziarie e minor sostegno sociali;
- le pressioni economiche o la perdita del lavoro aumenta il rischio di violenza interpersonale e intrafamiliare;
- l’interruzione dell’istruzione scolastica tradizionale rende più difficile denunciare gli abusi sui minori, identificare i problemi di salute mentale e l’ideazione suicidaria tra i più giovani;
- persone che hanno lavorato in prima linea nei reparti COVID sono state esposte a esperienze fortemente traumatiche e questo può ripercuotersi nel proprio ambiente familiare.
Conclusioni
Nonostante sia difficile ad oggi comprendere a pieno gli effetti a lungo termine del trauma post-pandemia, bisognerebbe accorciare i tempi e intervenire preventivamente sul disagio psicologico e sociale in atto. Le scuole, così come i luoghi di lavoro dovrebbero essere educati all’utilizzo di un approccio informato sul trauma al fine di comprendere e rispondere agli effetti dello stress traumatico su coloro che entrano a contatto con tali sistemi sociali.
Solo intervenendo in modo più ampio, coinvolgendo i sistemi e le istituzioni del tessuto sociale si potrà pian piano generare una maggiore sicurezza psicologica e di supporto per bambini e famiglie.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro