Sommario
Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva che intacca lentamente aspetti cognitivi come la memoria, il giudizio, l’apprendimento, la cognizione e il funzionamento sociale e psicologico dell’individuo.
Nella popolazione anziana la malattia di Alzheimer rappresenta una delle principali cause di demenza. Data la sua complessità, la gestione del malato diventa particolarmente onerosa per il nucleo familiare poiché, oltre agli aspetti cognitivi, la malattia ha effetti anche sull’umore, il pensiero, il comportamento e quindi sulla personalità.
Il morbo di Alzheimer si caratterizza anche per un deterioramento del linguaggio, riduzione della capacità di organizzare mentalmente le informazioni visive, scarso giudizio, confusione e irrequietezza.
È una malattia che si riscontra tendenzialmente in adulti con età superiore ai 60 anni, ma può anche colpire persone più giovani.
I primi campanelli di allarme possono includere:
- difficoltà a ricordare date o eventi importanti;
- smarrire le cose;
- trovare difficile completare compiti quotidiani;
- sentirsi confusi sul luogo in cui ci si trova;
- difficoltà a trovare le parole;
- perdere la capacità di pianificare e risolvere i problemi;
- mostrare cambiamenti di umore e di personalità.
Poiché questi segni clinici del morbo di Alzheimer possono manifestarsi come parte normale del processo di invecchiamento, spesso vengono sottovalutati e per questo non diagnosticati.
I sintomi del morbo di Alzheimer
Seguendo la classificazione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), la malattia di Alzheimer può presentarsi come disturbo neurocognitivo maggiore o minore. Può essere diagnosticato attraverso test genetici per determinare una mutazione genetica causale a partire dalla storia familiare di una persona.
Per qualificarsi come disturbo neurocognitivo maggiore, devono essere presenti:
- un declino della memoria e dell’apprendimento evidente;
- una progressione costante dei sintomi;
- graduale declino della cognizione;
- incapacità di vivere in modo indipendente;
- l’assenza di altre malattie neurodegenerative, cerebrovascolari, neurologiche o mentali.
Per qualificarsi come disturbo neurocognitivo minore, il test di mutazione genetica potrebbe essere positivo o negativo, ma dovrebbero essere presenti gli stessi sintomi appena elencati.
I sintomi del morbo di Alzheimer causano una compromissione significativa del funzionamento sociale, psicologico e lavorativo.
Aspetti psicologici del morbo di Alzheimer
Come osservato precedentemente la malattia di Alzheimer si caratterizza per deficit che riguardano prevalentemente la sfera cognitiva. Allo stesso tempo, i pazienti spesso mostrano un’ampia gamma di sintomi comportamentali e psicologici legati a questa forma di demenza come:
- iperattività, agitazione e irritabilità;
- sintomi affettivi come ansia, depressione e apatia;
- sintomi psicotici quali deliri e allucinazioni.
Per comprendere meglio la portata di tali aspetti li analizzeremo più nel dettaglio, a partire dall’apatia.
Apatia
L’apatia è uno degli aspetti psicologici centrali della malattia di Alzheimer e si caratterizza principalmente da una perdita di motivazione. Rispetto agli altri sintomi, quali ansia, deliri e allucinazioni, l’apatia tende a mantenere un livello relativamente alto di persistenza.
Generalmente l’apatia nel morbo di Alzheimer può manifestarsi in tre domini:
- il paziente può sentirsi in difficoltà ad interagire con il suo ambiente di riferimento, come lo svolgere un’attività quotidiana;
- il paziente può perdere interesse e curiosità per l’ambiente circostante;
- il paziente è meno reattivo emotivamente, in quanto fatica a reagire a stimoli positivi o negativi.
Alcuni studi di neuroimmagine hanno correlato i sintomi di apatia del morbo di Alzheimer con alterazioni sia della struttura che dell’attività dei circuiti fronto-sottocorticali, come :
- circuito del cingolo anteriore che è coinvolto nella motivazione;
- circuito orbitofrontale mediale, coinvolto negli aspetti riguardanti le emozioni.
Entrambi questi circuiti svolgono un ruolo importante nel processo decisionale.
Depressione
La presenza di depressione nei malati di Alzheimer varia dal 20 al 78%. Da diversi decenni i ricercatori si chiedono quanto la presenza di una depressione durante la propria vita possa in qualche modo aumentare il rischio di sviluppare la demenza nella terza età.
Dagli studi che sono stati condotti è emerso che i sintomi depressivi che si sviluppano durante la terza età aumentano il rischio di sviluppare la demenza, suggerendo così che la depressione potrebbe rappresentare una caratteristica prodromica, cioè che precede la demenza, o che entrambe le malattie condividano una comune via fisiopatologica.
Agitazione e aggressività
L’agitazione e l’aggressività rappresentano altri due sintomi psicologici della malattia di Alzheimer. Sono vissuti spesso in modo angosciante sia dal paziente che dal caregiver al punto da richiedere un’ospedalizzazione. La prevalenza dell’aggressività si aggira intorno al 40%.
Rispetto all’agitazione questa riguarda comportamenti che sono spesso associati ad angoscia emotiva. Il paziente manifesta scoppi d’ira improvvisi, irritabilità e rapidi cambiamenti dell’umore in modo persistente per almeno due settimane.
Vediamo alcuni esempi più pratici che possono aiutarti ad inquadrare meglio questi sintomi:
- eccessiva attività motoria come dondolio e irrequietezza;
- aggressività verbale che si manifesta con urla;
- aggressione fisica, sbattere le porte, afferrare e lanciare oggetti.
L’agitazione nel morbo di Alzheimer è quindi una manifestazione comportamentale di uno stato emotivo di disagio e malessere. Dal punto di vista cerebrale, l’agitazione è associata ad una diminuzione dell’attività colinergica nella corteccia frontale e temporale, nonché ad una diminuzione della serotonina.
I circuiti coinvolti in queste regioni del cervello sono quelle che ci consentono di comprendere le minacce presenti nell’ambiente e che regolano l’ipervigilanza. L’agitazione è quindi uno stato iper-reattivo in cui il paziente non è in grado di comprendere quanto per lui quell’ambiente può essere sicuro o pericoloso.
Deliri e allucinazioni
Deliri e allucinazioni rappresentano i sintomi psicotici del morbo di Alzheimer. Sono associati ad un aumento del rischio di ospedalizzazione del paziente, aumento dello stress e difficoltà di gestione da parte del caregiver. La presenza di questi sintomi determina spesso una compromissione del funzionamento del paziente e un’elevata aggressività.
Deliri e allucinazioni nei pazienti con malattia di Alzheimer si manifestano in un range che varia dal 16 al 31%. La presenza di questi sintomi è fortemente associata ad un declino cognitivo più rapido e quindi una progressione più veloce della malattia.
Per la diagnosi di psicosi nella demenza di Alzheimer devono essere presenti i seguenti sintomi:
- allucinazioni uditive, come il sentire delle voci;
- deliri, in cui il paziente costruisce storie o racconti assurdi per contenuto e non corrispondenti alla realtà.
Ovviamente questi sintomi non erano presenti prima dell’insorgenza della malattia ed il medico deve escludere anche altre eventuali cause di psicosi come la schizofrenia, disturbo dell’umore di tipo psicotico, farmaci e altre condizioni mediche generali.
Cause del morbo di Alzheimer
L’età è il fattore di rischio più forte nella malattia di Alzheimer, sebbene la condizione non sia un aspetto tipico o normale del processo di invecchiamento.
Indubbiamente una storia familiare di Alzheimer ed una suscettibilità genetica sono variabili importanti. Coloro che hanno un genitore o un fratello con l’Alzheimer hanno maggiori probabilità i svilupparlo da soli.
Altri aspetti dell’ereditarietà sono legati al ruolo di geni come:
- l’apoliproteina E4, meglio conosciuta come gene apoE;
- la proteina precursore dell’amiloide, APP;
- la presenilina-1, PS-1;
- la presenilina-2, PS-2.
Queste proteine possono causare o esacerbare problemi sia strutturali che chimici nel cervello, disconnettendo aree del cervello che normalmente lavorano insieme.
Altri elementi che si pongono come fattori di rischio per l’Alzheimer possono includere ipertensione di lunga data, trauma cranico e lesioni neuronali. Condizioni mediche come malattie cardiache, diabete, ictus, ipertensione e colesterolo alto possono danneggiare il cuore ed i vasi sanguigni, aumentando il rischio di sviluppare la malattia.
Poiché solitamente le donne vivono più a lungo degli uomini, hanno maggiori probabilità di sviluppare l’Alzheimer.
Trattamento dei sintomi psicologici del Morbo di Alzheimer
Come osservato precedentemente, diversi sono i sintomi psicologici del Morbo di Alzheimer. Dal punto di vista terapeutico cercherò di elencare brevemente alcuni interventi psicologici che possono essere presi in considerazione per la gestione dei diversi sintomi.
Trattamento psicologico dell’apatia
Rispetto al trattamento psicologico dell’apatia nel morbo di Alzheimer, tra gli interventi presenti in letteratura, indubbiamente le attività terapeutiche di tipo cognitivo promuovono un miglioramento del sintomo.
Programmi di stimolazione, attività creative, cucina e altre situazioni che coinvolgono aspetti comportamentali sembrano risultare positivi. In uno studio, ad esempio, è stato proposto un intervento psicologico sull’apatia per malati di Alzheimer in cui le attività sono state progettate sulla base della biografia e storia di vita dei pazienti.
Ad esempio, ad una donna che aveva lavorato per tutta la sua vita in banca venivano consegnate delle monete da smistare, mentre ad un’altra che ha sempre badato e cucinato per la sua famiglia veniva chiesto di ricordare gli ingredienti e di mostrare come mescolarli insieme.
Fornire la possibilità di impegnarsi in attività significative ed emotivamente importanti possono rivelarsi indispensabili per migliorare i sintomi di apatia. Questi programmi, dovrebbero comunque essere affiancati ad una psicoterapia ed una terapia farmacologica.
Intervento psicologico sugli aspetti depressivi
Gli aspetti depressivi del morbo di Alzheimer si manifestano con sintomi quali isolamento sociale, ritiro e irritabilità. L’assunzione di farmaci antidepressivi in questa popolazione di pazienti producono risultati per lo più negativi.
La possibilità di aderire ad un programma psicoterapeutico potrebbe essere necessario e produrre risultati positivi. Esistono anche forme di Terapia domiciliare per aiutare i caregiver a migliorare alcuni aspetti legati all’assistenza del malato. Si cerca in tal senso di risolvere alcuni problemi che aumentano i sintomi depressivi e alterano il funzionamento del paziente inserendo oggetti, quaderni o calendari all’interno dell’ambiente domestico.
Gli interventi sono ovviamente personalizzati in base alla gravità del disturbo cognitivo. Si offre anche un supporto al caregiver – badante o familiare – su come aiutare il paziente a evitare situazioni che aumentino l’umore negativo. I metodi non farmacologici possono quindi essere considerati un intervento di prima linea per la depressione dei pazienti con morbo di Alzheimer.
Questo non significa rinunciare alla terapia farmacologica con antidepressivi, ma tenere presente che possono essere associati a diversi effetti collaterali di tipo gastrointestinale, aumento del rischio di sanguinamento e iponatriemia
Gestire l’agitazione e l’aggressività
Il trattamento dell’agitazione e dell’aggressività nel morbo di Alzheimer è impegnativo poiché i sintomi provocano angoscia sia nel malato che nel caregiver. Tra i trattamenti non farmacologici la musicoterapia sembra essere efficace, soprattutto quando l’intervento è individualizzato e interattivo; si coinvolge il paziente facendolo cantare e ballare per esempio.
Un supporto psicologico per i caregiver è importante al fine di aiutarli a identificare potenziali fattori scatenanti, stabilire routine strutturate per il paziente e migliorare le capacità di comunicazione parlando con calma, evitando parole negative e usando una voce rassicurante.
Dal punto di vista farmacologico, rispetto ai sintomi di agitazione, gli antipsicotici atipici sono quelli comunemente prescritti.
Trattamento psicologico dei sintomi psicotici nell’Alzheimer
Il trattamento dei sintomi psicotici nell’Alzheimer è alquanto complesso. È importante comprendere che alcune forme deliranti possono essere interpretazioni errate o un tentativo da parte del paziente di compensare il disorientamento che prova. Ad esempio, un delirio legato ad un furto può essere una risposta all’incapacità della persona di ricordare dove ha lasciato un oggetto.
Pertanto, i caregiver devono essere informati che tali sintomi possono rappresentare una risposta di adattamento alla malattia. Migliorare la funzione sensoriale con apparecchi acustici, occhiali ed un’adeguata illuminazione può aiutare. Nella riduzione dei sintomi psicotici nell’Alzheimer si è osservato che interventi come musicoterapia, attività di pittura e attività fisiche si rivelano efficaci.
A questo bisogna spesso abbinare anche una terapia farmacologica con antipsicotici, con una supervisione costante ed un monitoraggio dei sintomi da parte di un medico.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro