La terapia sessuale rappresenta un approccio di vecchia data soggetto a molte revisioni da parte dei clinici e dei ricercatori. In questo articolo cercherò di tracciare l’evoluzione storica della terapia sessuale sia per quanto concerne il trattamento che le diverse teorie che hanno contribuito alla sua evoluzione.
Storia della terapia sessuale
Prima dell’avvento della psicoanalisi, la sessualità veniva collocata nella sfera della moralità. I principi vittoriani sottolineavano che l’attività sessuale doveva essere intesa esclusivamente come un mezzo per la procreazione.
Sigmund Freud, ispirato dai lavori dei clinici che all’epoca si occupavano di sessuologia – Kraft-Ebing, Hirschfeld ed Ellis – iniziò a vedere la sessualità non come qualcosa dominata dal dominio morale, ma impregnata anche di aspetti psicologici.
Ponendola al centro delle sue teorie, in particolare la teoria dello sviluppo psico-sessuale, Freud iniziò a pensare che la sessualità svolgesse un ruolo significativo nello sviluppo della malattia mentale. Anche se le sue tecniche terapeutiche non hanno avuto molto successo nel “riparare” la disfunzione sessuale, il lavoro di Freud è stato fondamentale nel creare un’atmosfera che ha spinto il mondo accademico ad esplorare sempre più i disturbi sessuali, fino a determinare la nascita della terapia sessuale.
Il suo pensiero infatti ha influenzato molti aspetti delle teorie moderne e pertanto, negli approcci psicoterapeutici, la psicoanalisi ha una notevole influenza.
Psicoanalisi e disturbo sessuale
Il fondamento teorico della psicoanalisi tradizionale si basa sul presupposto che i disturbi sessuali abbiano origine dalla storia di vita del soggetto, in particolare per ciò che riguarda lo sviluppo psicosessuale e il complesso di Edipo.
Freud riteneva che gran parte delle nevrosi dei suoi pazienti fossero espressione di un conflitto sessuale tra gli impulsi psichici e i sentimenti ambivalenti che caratterizzano il rapporto genitore-bambino durante l’infanzia.
Questa concettualizzazione portava quindi a ritenere che la disfunzione sessuale dipendesse dai conflitti inconsci e irrisolti. Inoltre, un clima di tensione e ambivalenza tra genitori e figli, secondo Freud, portava il ragazzo/a a sviluppare credenze malsane circa la sessualità.
Tecnica psicoanalitica e sessualità
I disturbi sessuali, seguendo un approccio psicoanalitico, venivano trattati attraverso un percorso di psicoterapia a lungo termine che aveva l’obiettivo di “scovare” quei conflitti intrapsichici inconsci che si credevano fossero responsabili della disfunzione sessuale adulta. Gli obiettivi terapeutici in psicoanalisi non si focalizzavano sui sintomi della problematica sessuale, ma sulla comprensione della “vita mentale” della persona.
Risolvendo i conflitti sottostanti, gli psicoanalisti dell’epoca, erano conviti di poter rimuovere il sintomo sessuale. Molti accademici del periodo sostennero che tali supposizioni erano in gran parte infondate, nonostante dovettero riconoscere che la psicoanalisi freudiana determinò un piccolo miglioramento del funzionamento sessuale dei pazienti.
In particolare, Havelock Ellis sosteneva che la psicoanalisi impedisce al terapeuta di fare tre cose importanti e necessarie per il trattamento del disturbo sessuale:
- fornire informazioni sessuali importanti ai pazienti;
- assegnare compiti a casa che vengono poi discussi con il terapeuta;
- mostrare ai clienti modi alternativi per gestire i propri presupposti negativi sulla sessualità.
Ellis scagliandosi contro Freud sosteneva che la psicoanalisi era un trattamento inefficace per la gestione della disfunzione sessuale.
Psicoanalisi post-freudiana della sessualità
Nelle concettualizzazioni successive a quella di Freud iniziò a farsi strada l’idea che i disturbi sessuali derivassero da convinzioni distorte sulla sessualità. Tali credenze si creavano durante l’infanzia a causa di atteggiamenti genitoriali avversi rispetto lo sviluppo sessuale. In tal senso i genitori o altre figure a contatto con il bambino manifestavano comportamenti negativi e restrittivi.
L’obiettivo terapeutico si focalizzava non più sulla ricerca dei conflitti inconsci, ma quanto sull’aiutare il paziente a modellare i pensieri negativi e distorti rispetto alla sessualità. La psicoanalisi post-freudiana spostava quindi l’attenzione su come e quanto ogni essere umano abbia bisogno di instaurare una connessione affettiva ed intima con un’altra persona.
Secondo Bieber, i disturbi sessuali potevano quindi essere suddivisi in due categorie:
- disturbi interpersonali derivanti da reazioni negative dei genitori nei confronti del bambino (paura e rifiuto);
- disturbi proibitivi in cui i genitori introducevano severi divieti rispetto alla masturbazione, curiosità ed esplorazione sessuale.
La presenza di disordini di questo tipo, secondo i post-freudiani, determinava negli individui paura e ansia di legarsi a qualcuno, avere dei figli, alienazione coniugale, aumento della frigidità e/o impotenza e così via.
Psicoterapia post-freudiana del disturbo sessuale
Gli obiettivi di trattamento si focalizzavano sull’identificare e risolvere credenze irrazionali e giudizi morali negativi rispetto l’esperienza sessuale. Attraverso lo stabilirsi di una relazione a lungo termine con il terapeuta, il cliente aveva la possibilità di apprendere come relazionarsi in modo sano con qualcuno e, di conseguenza, essere in grado di vivere un’esperienza emotiva e interpersonale profonda.
In una psicoterapia di questo tipo si vanno quindi a identificare le convinzioni e i pregiudizi irrazionali che interessano la sessualità. Compito del terapeuta è quello di non comunicare dubbi, incertezze o idee imprecise su ciò che costituisce un comportamento sessuale “normale”.
Terapia sessuale post-psicoanalisi
Alfred Kinsey fu uno dei primi ad esplorare e studiare le diverse attività sessuali di uomini e donne. All’epoca delle sue teorie (1948-1950) non si conosceva ancora il processo biologico e fisiologico che regola il comportamento sessuale dell’essere umano.
Ci vollero circa 20 anni per completare le teorie elaborate da Kinsey grazie alle ricerche condotte da Masters e Johnson. Grazie a queste ricerche si iniziò ad esplorare il comportamento sessuale delle persone e divenne chiaro che era necessario definire specifiche disfunzioni sessuali prima di poter pensare a come curarle.
Gli anni ’70 crearono quella giusta atmosfera teorica e pratica che vide il fiorire di molti tipi di terapia sessuale.
Psicoterapia comportamentale e direttiva
Il lavoro di Masters e Johnson fu prezioso perché in grado di delineare per la prima volta come funziona il ciclo di risposta sessuale umano. Le nuove conoscenze prodotte hanno aperto la strada a nuovi approcci cognitivi e comportamentali che promuovevano un trattamento molto più breve rispetto a quello psicoanalitico.
In queste forme di terapia l’accento veniva posto sui sintomi sessuali, piuttosto che sulle questioni relazionali e familiari tipiche della psicoanalisi. Questo orientamento si basava sulla premessa che in assenza di fattori fisiologici e biochimici, la disfunzione sessuale fosse il risultato di problemi di comunicazione, informazioni sessuali inadeguate, atteggiamenti negativi e aspettative non realistiche sul sesso.
Le disfunzioni sessuali furono infatti classificate in base alle deviazioni dal ciclo di risposta sessuale “normale” e includevano disturbi di erezione, eiaculazione precoce, dolore associato alla penetrazione (vaginismo) e casi in cui lo stimolo sessuale veniva vissuto come evento avverso.
L’ansia divenne un aspetto centrale, perché si riteneva che la sessualità innescasse in alcune persone preoccupazioni rispetto alla prestazione sessuale.
Tecniche terapeutiche cognitive-comportamentale
Masters e Johnson proposero un metodo comportamentale che integrava sia componenti educative che direttive. I ricercatori sostenevano che le persone hanno bisogno di imparare a interagire tra loro quando è presente una disfunzione sessuale, proprio perché il disturbo sessuale non è altro che espressione di una mancanza di esperienza e idee sbagliate sulla sessualità.
Intervenendo sulle idee, le emozioni e l’esperienza corporea della sessualità l’individuo procede verso un cambiamento di comportamento e un atteggiamento più positivo nei confronti dell’esperienza sessuale.
Un’altra tecnica terapeutica utilizzata in questo ambito prevede la prescrizione di esercizi pratici in cui i partner sono invitati a esplorare aspetti della sessualità che spesso non vivono, come atti che riguardano i preliminari, o situazioni erotiche in cui esplorano la nudità dell’altro. In questo modo, il partner che presenta difficoltà sessuali apprende che le esperienze sensuali o erotiche possono creare un clima favorevole all’atto sessuale e che non necessariamente deve essere vissuto con ansia per l’eventuale prestazione.
Altre componenti specifiche includono l’uso di tecniche manuali per il trattamento di specifiche condizioni:
- tecnica dello squeeze per l’eiaculazione precoce in cui si aiuta l’uomo a sviluppare un maggior controllo del riflesso eiaculatorio;
- utilizzo di dilatatori vaginali di grandezze diverse nelle donne affette da vaginismo;
- tecnica del focus sensoriale, in cui si aiuta uno o entrambi i partner a lavorare sulle loro immagini sessuali o fantasie al fine di aumentare l’eccitazione sessuale fisica e così via.
Terapia razionale-emotiva e sessualità
Secondo questo approccio le cognizioni individuali, le attribuzioni interne e le esperienze emotive degli individui svolgono un ruolo centrale nell’eziologia del disturbo sessuale. In questa forma di terapia, la disfunzione sessuale è vista come il risultato di pensieri distorte e vissuti emotivi negativi rispetto alla propria esperienza sessuale.
Il soggetto ha quindi bisogno di ricevere un’educazione sessuale e una serie di istruzioni che possano aiutarlo a (ri)costruire i pensieri e le emozioni associate ai loro sintomi sessuali. Secondo la terapia razionale-emotiva, il sintomo sessuale rappresenta l’espressione di convinzioni e stati d’animo negativi come disperazione, depressione e angoscia.
Tecniche terapeutiche razionali-emotive
Una delle tecniche principali utilizzate in questo approccio è la cosiddetta “ristrutturazione cognitiva”. Il soggetto viene accompagnato nell’esplorazione della sua maggiore paura, ossia il fallimento sessuale. Si invita il paziente a riflettere sulle convinzioni irrazionali circa la sessualità, cercando di smantellare la visione catastrofica associata all’esperienza sessuale.
In questo modo la persona è incoraggiata a sostituire l’immagine negativa con una più positiva, a volte con l’ausilio di materiali scritti o visivi, così come al pensare alle emozioni positive legate a tale esperienza.
Terapia sessuale umanistica
L’approccio umanistico ritiene che le difficoltà sessuali siano il risultato di problemi interpersonali. Questo comporta una riflessione sulle rappresentazioni interne legate a costrutti come autostima e autoefficacia, così come sulle interazioni con gli altri. L’orientamento umanistico alla terapia sessuale non si concentra sul sintomo sessuale, ma sull’esperienza umana.
Nel caso in cui esiste un “problema” sessuale, viene letto e interpretato come il risultato di conflitti interpersonali piuttosto che un qualcosa legato all’ansia da prestazione e ai conflitti intrapsichici.
La terapia sessuale umanistica si ispira al pensiero Rogersiano in cui il paziente viene invitato a riflettere sul presente piuttosto che sul passato o futuro, promuovendo una visione olistica in cui gli aspetti mente-corpo sono integrati.
Conclusioni
Nonostante possano essere tanti e diversi gli orientamenti, i terapeuti riferiscono che i clienti sono spesso disinformati o con idee irrazionali sull’attività sessuale.
Un terreno comune di tutti questi orientamenti è che la sessualità è un’area importante del funzionamento psicosociale della persona. La differenza tra i trattamenti riguarda il focus sul sintomo, piuttosto che sul conflitto intrapsichico o aspetti cognitivi ed emotivi.
In ogni caso, obiettivo di ogni approccio è quello di promuovere il miglioramento del benessere psicologico e sessuale della persona.
A cura della Dottoressa Giorgia Lauro
Bibliografia
- Ellis A (1975) An informal history of sex therapy. Couns Psychol 5: 9-13.
- Ellis A (1975) The rational-emotive approach to sex therapy. Couns Psychol 5: 14-22.
- Freud S (1953) The interpretation of dreams. (Standard Edition), Hogarth Press, London.
- McCary JL (1978) Human sexuality: Past, present and future. J Marriage Fam Couns 4: 3-12.
- Obler M (1975) Multivariate approaches to psychotherapy with sexual dysfunctions. Couns Psychol 5: 55-60.
- Schover LR, Leiblum SR (1994) Commentary: The stagnation of sex therapy. J Psychol Human Sex 6: 5-30.